Mentre lo studio dei vulcani ha sempre richiesto strumenti sofisticati e spesso pericolose missioni sul campo, la NASA e lo Smithsonian Institution stanno portando avanti un nuovo approccio: osservare i cambiamenti nelle foglie degli alberi che crescono vicino ai vulcani. Secondo le ultime ricerche, queste piante possono offrire indizi preziosi sull’attività sotterranea, anticipando persino le eruzioni.
L’idea nasce da un fenomeno biologico affascinante: quando il magma inizia a risalire verso la superficie terrestre, rilascia gas come anidride carbonica (CO₂) e anidride solforosa. La CO₂ in particolare viene assorbita dalle piante circostantile quali reagiscono diventando più verdi e rigogliose. Questo “rinverdimento” è visibile dallo spazio e può essere tracciato tramite le immagini satellitari raccolte da strumenti come Landsat 8 della NASA e Sentinel-2 dell’Agenzia Spaziale Europea.
Le immagini vengono confrontate nel tempo per individuare variazioni sospette nel colore delle foglie. Nicole Guinn, vulcanologa dell’Università di Houston, ha impiegato questi dati per monitorare l’Etna, in Sicilia, ottenendo risultati promettenti. In parallelo, il climatologo Josh Fisher ha verificato sul campo, nel marzo 2025, che le foglie raccolte nei pressi del vulcano Rincon de la Vieja in Costa Rica mostravano livelli elevati di CO₂ coerenti con quanto osservato dai satelliti.