Italo Calvino, perché amiamo e ameremo sempre il maestro della scrittura e della parola che si fa musica

Italo Calvino, perché amiamo e ameremo sempre il maestro della scrittura e della parola che si fa musica


Italo Calvino è un maestro indiscusso della scrittura. «Regola la luce in modo che non ti stanchi la vista. Fallo adesso, perché appena sarai sprofondato nella lettura non ci sarà più verso di smuoverti. Fa’ in modo che la pagina non resti in ombra, un addensarsi di lettere nere su sfondo grigiouniformi come un branco di topi». (Se una notte d’inverno un viaggiatore1979). Chiunque ami lasciarsi sprofondare nella lettura e traportare dal piacere di leggere per leggere non può non amare lo stile di Calvino. O meglio, gli stili, perché il grande scrittore, scomparso il 19 settembre 1985, è stato un virtuoso della paroladi quella parola che si fa musica qualunque siano le storie che essa racconta. Che fosse artista poliedrico lo dimostra la sua storia letteraria: neorealista, favolista, umorista, visionariocapace di spaziare dalla fantascienza alle storie (apparentemente) per bambini, dalla riscoperta dell’essenzialità classica alla sperimentazione linguistica e intellettuale più avanzata.

Chi ha mai detto che questo autore ha un accento inconfondibile?

È Italo Calvino stesso che disegna il suo essere poliedrico nell’introduzione a Se una notte d’inverno un viaggiatore: «Ecco dunque ora sei pronto ad attaccare le prime righe della prima pagina. Ti prepari a riconoscere l’inconfondibile accento dell’autore. No. Non lo riconosci affatto. Ma, a pensarci bene, chi ha mai detto che questo autore ha un accento inconfondibile? Anzi, si sa che è un autore che cambia molto da libro a libro. E proprio in questi cambiamenti si riconosce che è lui». Forse proprio in quest’opera sta la chiave per capire il valore di Calvinoe comprendere che i suoi libri sono uno strumento per imparare a leggere, se non addirittura per imparare a scrivere: chiunque voglia imparare a “maneggiare” l’italiano deve passare attraverso questo autore. Se i ragazzini a scuola dovrebbero sempre confrontarsi con la trilogia Nostro antenatiun lettore più maturo troverà proprio in Se una notte d’inverno un viaggiatore una guida che affronta tutte le pieghe della nostra lingua. Il rapporto tra lettore e lettura, tra scrittore e scrittura è il tema portante di un romanzo che romanzo non è: una serie di incipit introducono chi legge ad altrettanti romanzi non compiuti, ognuno scritto in uno stile diverso. Dieci diverse storie, dieci diverse atmosfere, dieci racconti sospesi, vicende in cui immedesimarsi ma da abbandonare troppo presto. Il lettore, cui Calvino si rivolge direttamente, non può mai accompagnare lo scrittore fino alla fine del suo lavoro, ma ogni volta deve ricominciare da capo. Qui il lettore diventa anche personaggio, e il suo incontro con una lettrice diventa l’allegoria di un coinvolgimento culturale che può catturare ciascuno di noi. Così ne Il castello dei destini incrociati la narrazione si snoda su un meccanismo guidato apparentemente dal caso: un gruppo di viandanti arriva in un castello. Privi della parola, usano un mazzo di tarocchi per raccontare, seguendo il significato delle figure, storie che si incrociano e vanno a costruire una sorta di ciclo combinandosi tra di loro. I tarocchi ritornano anche ne La taverna dei destini incrociatidove lo stesso meccanismo porta a disegnare i grandi archetipi letterari, dalla fiaba al romanzo, fino al poema epico. E Calvino nella prefazione a Il sentiero dei nidi di ragno sottolinea la ricchezza delle suggestioni e dei modelli che confluiscono nella sua opera: «Questa letteratura c’è dietro al Sentiero dei nidi di ragno. Ma in gioventù ogni libro nuovo che si legge è come un nuovo occhio che si apre e modifica la vista degli altri occhi o libri-occhi che si avevano prima (…) cosicché, mettendomi a scrivere qualcosa come Per chi suona la campana di Hemingway volevo insieme scrivere qualcosa come L’isola del tesoro di Stevenson». Non è difficile rintracciare le eco di questi due autori nella narrativa di Calvino, ma anche tracce di Dickens o di Ariosto, oltre all’impronta della realtà: «Le letture e l’esperienza di vita non sono due universi, ma uno. Ogni esperienza di vita per essere interpretata chiama certe letture e si fonde con esse. Che i libri nascano sempre da altri libri è una verità solo apparentemente in contraddizione con l’altra: che i libri nascano dalla vita pratica e dai rapporti tra gli uomini». E il rapporto magico tra lettura e scrittura, tra reale e immaginario è sempre al centro della riflessione dello scrittore. È ancora in Se una notte d’inverno un viaggiatore che Calvino scrive: «leggere è sempre questo: c’è una cosa che è lì, una cosa fatta di scritturaun oggetto solido, materiale, che non si può cambiare, e attraverso questa cosa ci si confronta con qualcos’altro che non è presente, qualcos’altro che fa parte del mondo immateriale, invisibile, perché è solo pensabile, immaginabile, o perché c’è stato e non c’è più, passato, perduto, irraggiungibile, nel paese dei morti… o che non è presente perché non c’è ancora, qualcosa di desiderato, di temuto, possibile o impossibile».

Un filo di inchiostro che corre e corre e si sdipana

Se dunque perdersi nel mondo di Calvino è affascinante per le vicende narrate, i personaggi ritratti con pennellate precise, i momenti di puro divertimento disegnati con umorismo e ironia, lo svolgersi di vicende che si proiettano su sfondi via via romantici o realistici, sognanti o fantascientifici, la parola è sempre la vera protagonista. Il finale di quello che forse è il suo romanzo più conosciuto e amato, Il Barone rampantedice tutto nel paragone tra i rami e le foglie degli alberi e «…questo filo di inchiostro, come l’ho lasciato correre per pagine e pagine, zeppo di cancellature, di rimandi, di sgorbi nervosi, di macchie, di lacune, che a momenti si sgrana in grossi acini chiari, a momenti si infittisce in segni minuscoli come semi puntiformi, ora si ritorce su se stesso, ora si biforca, ora collega grumi di frasi con contorni di foglie o di nuvole, e poi s’intoppa, e poi ripiglia a attorcigliarsi, e corre e corre e si sdipana e avvolge un ultimo grappolo insensato di parole idee sogni ed è finito».



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