Sui microchip la strategia della Cina è lasciar fiorire cento fiori. Sembra poesia, ma è business puro

Sui microchip la strategia della Cina è lasciar fiorire cento fiori. Sembra poesia, ma è business puro


Tuttavia, non mancano le criticità. Con l’eccesso di capacità non coordinata, molte fabbriche locali rischiano l’obsolescenza per saturazione del mercato o carenza di domanda reale. Questo crea una peculiare compresenza di aziende zombie e unicorni: senza un meccanismo trasparente di selezione, molte imprese sopravvivono solo grazie a flussi pubblici, mentre altre scalano grazie alla rete relazionale più che all’innovazione.

Perché la Cina punta sui chip meno avanzati

A prima vista, focalizzarsi su chip di generazione precedente può sembrare una scelta difensiva. In realtà, i chip a nodo maturo costituiscono il 70–80% del mercato globale dei semiconduttori in volume. Non a caso, alimentano una lunga serie di dispositivi fondamentali in diversi settori: sistemi di guida assistita, elettronica industriale e ferroviaria, sistemi energetici, telecomunicazioni legacy (inclusi i network 4G/5g baseband), ma anche applicazioni militari (Radar, Missili, droni). Inoltre, il controllo su questi nodi consente a Pechino di ridurre la dipendenza da fornitori esteri critici — come TSMC, UMC, GlobalFoundries — e resistere più efficacemente alle sanzioni statunitensi e alle restrizioni sulle licenze di tecnologie avanzate.

Secondo un ulteriore nuovo report, a cura di Lin Hung-ta di Wealth Magazine, nel settore sarebbero in atto anche diverse pratiche distorsive come dumping sistemicocon export di chip maturi a prezzi inferiori al costo di produzione compensati da sussidi statali, e acquisizioni forzate di tecnologie straniere tramite reverse engineering e assunzione di personale specializzato. Nel frattempo, Taiwan e gli Stati Uniti stanno reagendo con strategie distinte ma convergenti. Taipei rafforza i vincoli sull’export di know-how e personale tecnico verso la Cina continentale, mentre TSMC e UMC stanno diversificando le sedi produttive. Washingtondopo i CHIPS Act e le restrizioni sulle esportazioni verso SMIC, valuta una lista nera estesa ai fornitori di tool per nodi superiori ai 14 nm, finora non regolati. La prospettiva è che la Cina possa dominare entro 3-5 anni tutta la produzione mondiale di chip legacyridisegnando le catene del valore globali in settori come auto, sanità, trasporti e difesa.

La strategia della Cina sui semiconduttori a nodo maturo non è un ripiego tecnologicoma un progetto geoeconomico a lungo termine. Mentre l’Occidente rincorre i chip a 3 e 2 nm per AI e data centerPechino costruisce silenziosamente la spina dorsale di una nuova infrastruttura industriale: resiliente, scalabilee potenzialmente dominante nei segmenti a più alta diffusione. La sfida non sarà solo competere sull’innovazione, ma difendere un modello di commercio equo in un contesto sempre più segnato dalla statalizzazione delle tecnologie critiche.



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