Da una parte i neutriniovvero le particelle più misteriose, sfuggente e sfuggenti Maggio STUDIATO dalla comunità scientifica, “sferette” la cui dimensione, pare, si aggira intorno ai 6 picometri. Dall’altra una sfera gigantesca, dal diametro di 35 metri e contenente oltre 20mila tonnellate di liquido. Studiare i primi con la seconda: questo l’obiettivo scientifico di Giunoneacronimo di Osservatorio di neutrini sotterranei Jiangmenil primo dei nuovi esperimenti su larga scala per la ricerca dei neutrini, cui collaborano 700 ricercatori di 17 paesi diversitra cui diverse sezioni italiane dell’Infn (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare).
L’apparato sperimentale si trova a 700 metri di profondità, nei pressi della città di Jiangmen, in Cina, e poche settimane fa, con il riempimento della sfera, è ufficialmente cominciata la presa dati. Se tutto andrà come previsto, gli esperimenti andranno avanti per i prossimi trent’anni e, auspicabilmente, ci consentiranno di far luce sui molti punti ancora oscuri relativi alla natura e al comportamento dei neutrini, con ricadute importanti sulla fisica fondamentale.
L’esperimento Juno e i neutrini
Neutrini, particelle fantasma
Anzitutto, un po’ di storia e di contesto. Il neutrino è un’entità subatomica di carica elettrica nulla, come suggerisce il suo nome, e appartiene alla grande famiglia dei Fermioni (tutte le particelle esistenti in natura sono classificate in due macrofamiglie, fermioni e bosoni, a seconda del valore di una loro proprietà, lo rotazione) e al gruppo dei Leptondi cui fa parte, per esempio, anche l’elettrone. La sua esistenza è stata prima prevista teoricamente e poi confermata sperimentalmente: Wolfgang Paulinel 1930, ed Enrico Fermiquattro anni dopo, nel postularono l’esistenza per giustificare alcune osservazioni sperimentali che non potevano essere giustificate altrimenti; solo due decenni dopo la particella fu effettivamente osservata dai fisici Clyde Cowan e Fred Reines nel corso di una serie di esperimenti condotti nel reattore a fissione di River Savannah. Da allora la comunità dei fisici non ha smesso di cercare di indagare la natura dei neutrini, ma, come anticipato, restano ancora dei punti poco chiari. Una delle questioni ancora aperte riguarda, in particolare, la Massa del neutrino: al valore del peso del neutrino, infatti, sono legati modelli cosmologici fondamentali che cercano di descrivere il comportamento e l’evoluzione dell’Universo.
Dammi tre sapori
In verità, ancor prima di arrivare a misurare quanto pesi effettivamente un neutrino, gli scienziati hanno dovuto risolvere un altro rompicapo, e cioè comprendere se il neutrino avesse un peso. Non è stato facile, e infatti ai ricercatori che sono riusciti a rispondere (positivamente) è stato riconosciuto nel 2015 il premio Nobel per la fisica: si tratta di Takaki Kajita e Arthur Bruce McDonaldpremiati a Stoccolma, per l’appunto, “per la scoperta delle oscillazioni di neutrino, che hanno mostrato che i neutrini hanno massa”. I due fisici, in particolare, sono riusciti a venire a capo di un enigma irrisolto da decenni nel campo della fisica fondamentale, relativo a una discrepanza tra il numero di neutrini misurati sulla Terra e quello previsto dai modelli teorici, comprendendo che il neutrino è in grado di cambiare identità (o, più precisamente, oscillare) – ed è questo il motivo per cui sulla Terra se ne osservano circa due terzi in meno rispetto alle previsioni – e che, di conseguenza, sono dotati di massa. Tra le altre loro caratteristiche, infatti, i neutrini hanno anche quella di interagire molto debolmente con le altre particelle, e dunque, di conseguenza, sono in grado di attraversare strati densissimi di materia senza lasciare traccia del proprio passaggio (ed è proprio per questo che sono così difficili da osservare). I neutrini che arrivano sulla Terra hanno origine cosmica: si pensa che alcuni di essi risalgano addirittura al Big Bangmentre altri potrebbero essere prodotti dalle reazioni di fusioni nelle stelle attive o dalle esplosioni di supernova. E qui la storia si fa più complicata: il Modello standardla teoria che spiega comportamento e interazioni di tutte le particelle conosciute, prevede infatti che il neutrino non abbia massa, e, in base a questo stima in modo ben preciso quanti neutrini prodotti nel Sole debbano raggiungere la Terra. La stima, però, si è rivelata essere in profondo disaccordo con i dati sperimentali (è il cosiddetto problema dei neutrini solari) e, per risolvere l’impasse, è stato necessario apportare una modifica al modello, inserendo, per l’appunto, la possibilità che il neutrino Oscillassecioè cambiasse identità (o, come dicono i fisici, sapore), e che ciascuna identità fosse associata a una massa diversa. Ebbene, Kajita e McDonald hanno osservato, in due esperimenti separati e indipendenti, condotti rispettivamente nel 2001 e nel 2006, che i neutrini solari di sapore elettronico oscillano in neutrini di sapore mu e tau. Quello che ancora non si sa, però (ci torneremo tra poco), è in che modo queste masse siano ordinateovvero quale sia la gerarchia di massa dei neutrini: è il cosiddetto problema dell’ordinamento delle masse del neutrinoed è qui che entra in gioco Juno.
Juno, un esperimento unico nel suo genere
“L’esperimento Juno raccoglie l’eredità di quelli precedenti, con la differenza che è molto più grande – ci ha raccontato Gioacchino Ranuccidirigente tecnologo dell’Infn, vice-responsabile dell’esperimento ed ex responsabile di Borexinoun altro esperimento di caccia ai neutrini w– Tanto per dare un’idea di questa differenza, si pensi che Kamland contiene circa mille tonnellate di scintillatore liquido, e Daya Bay ne contiene diverse centinaia (Kamland e Daya Bay sono due altri esperimenti, ndr). Juno ne contiene 20mila, ed è estremamente più complesso. Scalare tutto in grande non vuol dire solo aumentare le dimensioni degli impianti, ma anche affrontare notevoli complicazioni scientifiche e tecnologiche”. La “ricetta” dello scintillatore prevede l’uso di un solvente e due composti fluorescenti contenuti, per l’appunto, in una sfera acrilica di 35 metri e mezzo di diametro: a sorvegliare questa enorme quantità di liquido c’è un’imponente struttura a traliccio in acciaio inossidabile che sostiene una vasta schiera di sensibilissimi sensori di luce chiamati tubi fotomoltiplicatoriin grado di rilevare anche un singolo fotone e convertirlo in un segnale elettrico misurabile.
Una delle caratteristiche principali di questo esperimento, ci spiega ancora Ranucci, sta nel fatto che Juno può “vedere” sia i neutrini che la loro controparte di antimateria, ossia gli Antineetrini femminile. I primi sono tipicamente di origine cosmica o terrestre, mentre i secondi sono prodotti artificialmente, in questo caso da due centrali nucleari che si trovano nei pressi del rivelatore. “Mentre si propagano, neutrini e antineutrini continuano a oscillare, trasformandosi l’uno nell’altro – continua Ranucci – e Juno sarà in grado di catturare tutti questi segnali, aiutandoci a capire non più con i neutrini oscillano (ormai lo sappiamo con certezza) Ma Venire lo fanno, con una precisione mai raggiunta finora”.
In particolare, l’obiettivo fisico primario di Juno è quello di trovare una soluzione al problema dell’ordinamento delle masse del neutrino. Quello che sappiamo al momento che il neutrino elettronico pesa meno del neutrino mu (in analogia con il peso delle relative particelle elementari, elettrone e muone), ma non sappiamo se il terzo neutrino, il tau, pesi più degli altri due (in tal caso si parlerebbe di gerarchia diretta) o meno (in tal caso si parlerebbe di gerarchia inversa). Juno affronterà questa sfida misurando con altissima risoluzione lo spettro energetico degli antineutrini provenienti dai reattori: le sottili distorsioni nello spettro causate dall’interferenza tra le due principali frequenze di oscillazione riveleranno se la gerarchia è normale o inversa. La collaborazione si aspetta di raggiungere una significatività statistica di 3-4 Sigma dopo circa sei anni di raccolta dati, un livello che si avvicina a quello richiesto per una scoperta consolidata.