Secondo l’accusa, Google imporrebbe agli editori delle condizioni piuttosto gravose: per apparire nei risultati di ricerca, devono accettare che i loro articoli vengano utilizzati in tre modi diversi. PrimoVenire brevi estratti nei risultati di ricerca. Secondoper addestrare Gemelliil sistema di intelligenza artificiale di Google. Terzoper creare i riassunti automatici degli AI Overview che appaiono in cima alla pagina. In pratica, sostiene Penske, gli editori devono scegliere: o accettano che Google usi i loro contenuti per creare riassunti che tengono i lettori sulla pagina di Google al posto di visitare i siti originali, oppure vengono rimossi dal motore di ricerca più usato al mondo. Gli avvocati di Penske sostengono che questo meccanismo possa violare lo Sherman Actla storica legge antitrust americana del 1890, e, se confermato, il suo impatto sul giornalismo e sullo sviluppo dell’IA potrebbe a dir poco significativo.
Le dimensioni globali del conflitto tra IA e chi crea contenuti online
Il caso Penske si colloca, infatti, in un contesto di tensioni legali crescenti tra il settore dell’intelligenza artificiale e i creatori di contenuti originali e digitali. Anche CEGGsocietà statunitense che offre risorse online per studenti delle scuole superiori e università, ha fatto causa a Google nel febbraio 2025, sostenendo che gli AI Overview abbiano causato un calo del traffico dai non abbonati del 49% a gennaio 2025. L’azienda, ora valutata meno di 200 milioni di dollari, si è trovata costretta a bussare alla porta di Goldman Sachsuna delle maggiori banche d’investimento al mondo, per esplorare opzioni strategiche che includono l’acquisizione o la privatizzazione. Il ceo Nathan Schultz ha dichiarato che l’azienda non avrebbe considerato tali alternative se Google non avesse lanciato gli AI Overview.
Come si sta muovendo l’Europa
In Europala situazione si muove su binari simili, ma con un coinvolgimento maggiore delle autorità che regolano il mercato. L’Independent Publishers Allianceun’organizzazione no-profit che rappresenta gli editori indipendenti con sede a Londra, ha depositato un reclamo antitrust presso la Commissione europea il 30 giugno scorso. Il reclamo è sostenuto dal Movimento per un web apertouna coalizione di editori e inserzionisti digitali che promuove la concorrenza nel web, e da Foxglove Legal Community Interest Companyun’organizzazione britannica no-profit che si occupa di equità nel settore tecnologico. La coalizione ha chiesto misure urgenti per proteggere la concorrenza e l’accesso alle notizie, sottolineando che gli editori non possono impedire ai propri contenuti di finire negli AI Overview senza rischiare di sparire dai risultati di ricerca, un problema che considerano molto serio per il giornalismo indipendente.
La risposta di Google
IL Autorità di concorrenza e mercati britannica, l’autorità antitrust del Regno Unito, ha confermato di aver ricevuto un reclamo analogo, indicando che la questione sta assumendo dimensioni internazionali. Google ha risposto attraverso il portavoce José Castañeda affermando che gli AI Overview “rendono la ricerca più utile“ e inviano traffico a un maggiore numero di siti, annunciando l’intenzione di difendersi da quelle che considera accuse infondate. L’azienda sostiene di inviare miliardi di click ai siti web ogni giorno e che i siti possono registrare variazioni di traffico per molteplici ragioni, tra cui la domanda stagionale, gli interessi degli utenti e gli aggiornamenti costanti di algoritmo. Gli editori, tuttavia, replicano che Google non ha fornito “informazioni credibili” riguardo al traffico di riferimento dalle ricerche dall’introduzione degli AI Overview.
Sul fronte istituzionale europeo, la Commissione non ha ancora commentato ufficialmente la denuncia presentata il 30 giugno, ma il contesto è delicato: Bruxelles ha già inflitto a Google multe miliardarie per abuso di posizione dominante in altri settori. Le possibili conseguenze per Alphabet potrebbero includere sanzioni fino al 10% del fatturato globale e modifiche strutturali al motore di ricerca, in base al Digital Markets Actla normativa entrata in vigore nel 2023 per regolamentare le grandi piattaforme tecnologiche.