Isabella Dalla Ragione, l’archeologa delle piante: “Così abbiamo salvato i frutti dimenticati che rischiavano di scomparire”

Isabella Dalla Ragione, l’archeologa delle piante: “Così abbiamo salvato i frutti dimenticati che rischiavano di scomparire”


L’hanno definita la Indiana Jones della frutta: più tecnicamente, è un’archeologa arborea che da anni, con passione, competenza e costanza, si dedica al recupero e al salvataggio di frutti dimenticati e a rischio scomparsa. Si chiama Isabella Dalla Ragioneè agronoma e presidente di Archeologia Arborea e a oggi, nel solco di quanto cominciato da suo padre Livio quarant’anni fa nella zona di Città di Castelloha battuto campagne e città di Ombria, Toscana, Emilia-Romagna e Marche intervistando contadini ed esaminando archivi, documenti antichi e opere d’arte per proteggere dall’oblio racconti, tradizioni, oggetti agricoli e soprattutto, per l’appunto, piante da frutto. I suoi sforzi – è proprio il caso di dirlo – hanno dato i loro frutti: Dalla Ragione gestisce oggi un frutteto con oltre seicento esemplari di diverse specie tra melo, pero, susino, fico, ciliegio, mandorlo, nespolo e melo cotogno, in oltre centocinquanta varietà ritrovate nelle zone della ricerca, e vi organizza eventi, assaggi e visite guidate con lo scopo di far conoscere i frutti salvati e promuovere e salvaguardare l’agrobiodiversità.

L’archeologa arborea sarà ospite di Ecosanfra 2025un festival di approfondimento sulla sostenibilità economicasociale e ambientale dedicato alla celebrazione e alla riflessione sugli elementi del Cantico delle Creature di Francis of Assisi, il primo “manifesto ecologista” mai scrittoche si terrà dal 25 al 27 settembre Tutto’Auditorium di San Francesco di Prato.

Archeologa arborea: un’occupazione bizzarra. Ci racconta come è nata questa passione e come l’ha trasformata in un lavoro?

La mia storia inizia quarant’anni fa, quando mio padre cominciò a raccogliere piante da frutto e oggetti dal mondo contadino di cui ormai si stavano completamente perdendo le tracce, prima nella zona attorno a Città di Castello e poi in un’area sempre più ampia, che oggi comprende Umbria, Emilia-Romagna, Toscana e Marche. Da bambina lo vivevo come una caccia al tesoro, poi è diventata una passione e infine il mio lavoro: mi sono laureata in agronomia e ho completato un dottorato sulle pere. Si tratta davvero di un’attività molto affine all’archeologia: abbiamo cominciato intervistando gli agricoltori più anziani della zona, per raccoglierne testimonianze e ricordi; poi abbiamo esaminato altre fonti storiche, come gli archivi, i documenti, le liste della spesa, le ricette di cucina, i dipinti. Per esempio, in un dipinto di Francesco Melanzio da Montefalco abbiamo identificato la cosiddetta mela muso di bueuna mela simile a una pera rovesciata, e tre ciliegie bianchemolto dolci e prive di acidità, e abbiamo individuato altri frutti in opere del Pinturicchio e di Piero della Francesca. In particolare, ci siamo concentrati su quadri realizzati dalla fine del Trecento a tutto il Cinquecento, che sono quelli in cui la frutta è rappresentata nel migliore dei modi. Mettendo insieme tutte queste informazioni, abbiamo ricostruito decine di antiche varietà locali e, soprattutto, abbiamo cercato di recuperarle e salvarle.



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