Taipei – Quando Meng Wanzhou venne arrestata all’aeroporto di Vancouveril primo dicembre 2018, il mondo pensò a un episodio singolo in grado di causare un incidente diplomatico. La Cina, invece, vide un presagio. L’erede del fondatore di Huaweitrattenuta in un Paese alleato degli Stati Uniti, divenne per Pechino la prova definitiva che la tecnologia era diventata un campo di battaglia geopoliticoe che l’intera architettura industriale cinese poteva essere piegata con un singolo gesto politico.
Fu il momento in cui la Cina si convinse forse definitivamente di non poter più affidare il proprio futuro digitale a macchinari o software prodotti altrove. Da quel punto, la corsa all‘autonomia tecnologica non è più solo una scelta strategica, ma un imperativo di “sopravvivenza nazionale“. Tutto ciò che sta accadendo oggi — dalle acquisizioni silenziose nell’industria dei semiconduttori alle fabbriche che Huawei sta costruendo in Cina, fino alla nascita di una filiera indipendente — deriva da un processo che ha subito un’accelerazione proprio in quell’istante di frattura. Un processo che continua nonostante la recente tregua nella guerra commerciale siglata da Donald Trump e Xi Jinping.
Le tappe della vicenda
La metamorfosi sistemica di Huawei
La Cina non ha semplicemente reagito: ha iniziato a ridisegnare l’intera architettura della propria industria dei microchiptrasformando un’emergenza in un progetto decennale di emancipazione. In questo nuovo scenario, Huawei non è più solo un gigante tecnologico, ma il fulcro strategico attorno a cui si sta costruendo una catena di approvvigionamento indipendente, estesa dai chip per l’intelligenza artificiale alla litografiadai materiali ai software di progettazione.
Fino alla fine dello scorso decennio, Huawei era nota soprattutto per le reti 4G e 5Gper gli smartphone e per la competizione diretta con Mela e SAMSUNG. Ma dopo il blocco americano del 2019 tutto è cambiato. L’azienda ha iniziato a concentrare risorse, investimenti e talenti in settori che prima erano periferici. HiSiliconche sviluppava chip mobile come il Kirinè stata trasformata in un centro nevralgico per la progettazione di chip destinati a server, nuvola e intelligenza artificiale. La divisione Investimenti Hubble è diventata un braccio finanziario capace di acquisire startup chiave e sostenere laboratori di ricerca.
Huawei ha cominciato a comportarsi non più solo come un produttore di tecnologia, ma come l’integratore centrale di un ecosistema nazionale. Ogni nuovo mattone della filiera dei semiconduttori — sensori, materiali, software di progettazione, macchinari per il packaging, wafer, sistemi di dissipazione termica — veniva identificato, valutato e potenzialmente acquisito o replicato. Mentre le sanzioni americane cercavano di isolare l’azienda, Huawei ha risposto costruendo ponti internirendendo sempre più ridondante la presenza di fornitori stranieri.
Il reticolo delle acquisizioni e il mosaico nazionale dei chip
Durante la recente Fiera cinese dell’alta tecnologia di Shenzhen, metropoli sede di tanti colossi tech cinesi, Huawei ha presentato i server Cloud Matrix 384dotati dei chip Ascendere: processori progettati per addestrare modelli avanzati di intelligenza artificiale e posizionati per competere con le GPU Nvidia. L’aspetto più rilevante non riguardava solo la capacità di calcolo, ma la filosofia tecnologica alla base di questa piattaforma: CloudMatrix 384 è l’emblema di un ecosistema hardware-software sviluppato per funzionare in un contesto di restrizionimassimizzando ciò che è già disponibile e rendendo scalabili tecnologie domestiche.
