È iniziata, in Antartide, la 41a spedizione di ricerca italianache quest’anno coinvolgerà circa 200 tra tecnici, ricercatori e ricercatrici impegnati in progetti che spaziano dalla glaciologico alla geologiadalla climatologia alla biodiversità Tutto’oceanografia e perfino alla ricerca medica e spaziale. Le attività si svolgeranno tra la base costiera Mario ZucchelliIL stazione italo-francese Concordia sul plateau antartico a oltre 3.000 metri di altitudine, il campo remoto di Piccola Cupola C e a bordo della rompighiaccio Laura Bassi. Le missioni sono condotte nell’ambito del Programma nazionale di ricerche in Antartide (Pnra), finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (Mur) e gestito dal Cnr per il coordinamento scientifico, da Enea per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Og per la gestione tecnica e scientifica della nave rompighiaccio Laura Bassi.
Beyond Epica, alla ricerca del clima di 1,5 milioni di anni fa
Il progetto più ambizioso della spedizione è senza dubbio Oltre l’Epica: il ghiaccio più anticoche sta per concludere la sua quinta e ultima campagna di perforazione. Nel campo remoto di Little Dome C, a 35 chilometri da Concordia e a un’altitudine di 3200 metriun team internazionale di 15 persone sta operando in condizioni estreme, con temperature medie di -35°C, per raggiungere un duplice obiettivo: perforare il substrato roccioso sotto la calotta glaciale e recuperare campioni di ghiaccio della cosiddetta Transizione del Pleistocene Medio (Mpt), il momento cruciale in cui il ciclo delle ere glaciali passò da un periodo di 41mila anni a uno di 100mila anni, circa 900mila anni fa. “Gli obiettivi di questa campagna pongono delle sfide tecnologiche e ingegneristiche senza precedenti nella glaciologia antartica – ci spiega Carlo Barbanteprofessore ordinario all’Università Ca’ Foscari di Veneziaassociato all’Istituto di scienze polari del Cnr (Cnr-Isp) e coordinatore del progetto – Affrontiamo queste sfide forti del successo delle scorse campagne, che hanno portato al raggiungimento del substrato roccioso della calotta nei tempi previsti, e della qualità del team internazionale di ricercatori e personale tecnico del progetto”. Le difficoltà tecniche sono enormi. “A profondità che superano i 2700 metri, la pressione del ghiaccio sovrastante è immensa e causa la deformazione plastica degli strati più antichi – continua Barbante – Questo significa che gli strati di ghiaccio, che idealmente dovrebbero essere orizzontali e ordinati come le pagine di un libro, possono presentarsi inclinati o piegati. Questa deformazione minaccia non solo la possibilità di estrarre una carota intatta, ma anche l’integrità del segnale temporale”.
Mentre in Antartide proseguono le operazioni di carotaggio, nei laboratori europei sono iniziate le prime analisi dei campioni giunti la scorsa primavera. Il gruppo del Indagine antartica britannica di Cambridge ha completato con successo l’analisi chimica di 190 metri di ghiaccio provenienti dalla sezione più profonda della carota, lunga 2800 metri, confermando che si tratta di una registrazione completa del clima e della composizione atmosferica del passatorisalente ad almeno 1,2 milioni di anni fail che la rende la più antica mai recuperata da una carota di ghiaccio. Il vero tesoro nascosto in questi campioni sono i dati su CO₂ e metano del passato. “L’attesa per i dati sulla concentrazione di CO₂ e metano di quell’epoca è altissima, perché questi gas costituiscono i parametri che regolano il clima globale e rappresentano la chiave per sbloccare il mistero della Mpt”continua Barbante. L’ipotesi prevalente riguarda un cambiamento nella sensibilità del ciclo del carbonio: “Prima della Mpt, i cicli glaciali erano meno intensi, il che suggerisce che il meccanismo di immagazzinamento del carbonio nell’oceano non fosse così efficiente. Si cerca la prova che un progressivo impoverimento di CO₂ nell’atmosfera abbia agito da catalizzatore per il cambiamento della periodicità glaciale”.
La sfida non è solo tecnica, ma anche interpretativa: “NO bolle di gas intrappolate nel ghiaccio sono sempre leggermente più giovani del ghiaccio circostante, poiché la chiusura delle bolle avviene solo dopo che la neve si è compattata in ghiaccio – chiarisce lo scienziato – I ricercatori devono applicare complessi modelli di diffusione e condurre accurate analisi microstrutturali del ghiaccio basale per identificare e correggere qualsiasi disturbo stratigrafico”. Comprendere le dinamiche della Mpt non è solo una questione di curiosità scientifica. “In un’epoca di crisi climaticain cui le concentrazioni di gas serra superano di gran lunga qualsiasi picco recente, conoscere i limiti di variabilità naturale del sistema Terra e identificare potenziali punti di non ritorno rivelati nel record Mpt è essenziale per prendere decisioni politiche informate e per definire i percorsi di mitigazione necessari per la sopravvivenza delle generazioni future”conclude Barbante.
Mario Zucchelli, la sentinella dell’impatto antropico
Anche alla base costiera Mario Zucchelli si lavora sodo. Vi sono impegnati circa 114 tra ricercatori e tecnici in 14 progetti e osservatori permanenti, e il focus più importante della loro attività riguarda l’analisi dell’inquinamento e dell’impatto antropico sull’ecosistema antartico. “Tra le attività scientifiche previste a Mario Zucchelli un’attenzione particolare è dedicata allo studio dell’impatto antropico in un ambiente che, proprio per le sue caratteristiche estreme, rappresenta un laboratorio naturale unico – spiega Nicoletta Ademollocoordinatrice scientifica della stazione e ricercatrice dell’Istituto di scienze polari del Cnr – In Antartide, infatti, anche piccole emissioni possono lasciare tracce riconoscibilimentre il continente nel suo complesso funziona come area di ‘fondo globale’ per valutare la diffusione planetaria degli inquinanti”. Sia a Mario Zucchelli che a Concordia sono in corso progetti di ricerca per osservare la presenza di contaminanti normati ed emergenti come composti perfluorurati, microplastiche e prodotti per la cura personale, “sostanze che – continua Ademollo – destano crescente interesse perché sono spesso molto persistenti, possono essere trasportati su grandi distanze e mostrano tossicità anche a concentrazioni molto basse”continua Ademollo. Di particolare rilevanza il progetto Olisticole cui attività si concentrano sui laghi della Calotta glaciale Nansen: “Qui vengono effettuate misure in situ e campionamenti di neve, ghiaccio e acqua per analizzare i cicli biogeochimici e la presenza di microinquinanti organici – spiega la ricercatrice – Con la crisi climatica e l’aumento degli episodi di fusione, la neve e il ghiaccio possono diventare anche sorgenti secondarie di rilascio, rimettendo in circolazione contaminanti precedentemente depositati”.
