Cittadinanza italiana, cosa può fare e cosa no chi non ce l’ha

Cittadinanza italiana, cosa può fare e cosa no chi non ce l’ha


L ‘8 e 9 giugno gli italiani sono chiamati alle urne per un referendum in cui esprimere il loro parere sui cinque quesiti, quattro sul lavoro e uno sulla cittadinanza italiana e sud dimezzamento dei tempi di residenza per le persone straniere che vogliono richiederla. In riferimento a quest’ultimo, a oggi il percorso per ottenerla avviene in molti casi seguendo un lungo e tortuoso percorso burocraticodel quale spesso non conosciamo fino in fondo i risvolti quotidiani, che colpiscono non solo adulti ma anche minori.

La legge al momento prevede, tra i requisiti richiesti per poter presentare domanda, una residenza senza interruzioni di dieci anni in Italia (che è poi il punto che viene toccato dal referendum: se dovesse vincere il sì ne verrebbero richiesti solo cinque). Ma quindi, per comprendere meglio la questione, ha senso domandarsi: cosa non può fare chi non ha la cittadinanza italiana? In che modo la sua vita è differente?

Oltre a non poter votare ed essere eletti, quindi non avere i cosiddetti diritti politici, esistono delle limitazioni nella libertà di circolazione spiega a Cablato Giulia Perin, avvocata di Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) -. In primo luogo, come noto, ottenere un passaporto italiano assicura una significativa libertà di movimento nel mondo e, in particolare, in Europa: gli stranieri che in Italia non hanno il permesso per lungo soggiornanti devono rinnovare il proprio titolo di soggiorno e nel periodo di attesa sono molto limitati nei loro spostamenti all’estero. Può capitare quindi che, visti i carichi di lavoro spesso eccessivi che gli uffici immigrazione devono gestire rispetto al personale di cui dispongono, i tempi di rinnovo dei documenti siano molto dilatati, anche annie se in quel periodo c’è un impegno di lavoro all’estero o una gita scolastica del figlio in un paese diverso dall’Italia, queste persone si trovino di fatto bloccate nel nostro territorio perché la loro carta d’identità non è valida per l’espatrio. I cittadini italiani poi possono chiedere il ricongiungimento con categorie di familiari che uno straniero, anche se risiede da anni nel nostro paese, non può sperare di avere con sé in Italia”.

Ma non sono gli unici limiti: “Un ragazzo minorenne di una famiglia che non ha ancora ottenuto la cittadinanza per esempio non potrebbe rappresentare l’Italia alle gare sportive, anche se è nato qui – aggiunge Perin -. Ci sono poi spesso dei limiti nella partecipazione ai concorsi pubblicie i cittadini stranieri non possono lavorare in alcuni contesti precisi che riguardano per esempio la difesa e la pubblica sicurezza”

I limiti vissuti sulla propria pelle

Tutto questo riguarda i maggiorenni, così come i figli minorenni di genitori ancora privi di cittadinanza italiana. Una situazione che spesso costringe a una condizione di estraneità rispetto a un paese nel quale invece si è nati e cresciuti e al quale si sente di appartenere. È il caso ad esempio di Sephani Maddage, studentessa universitaria di 21 anni e attivista dell’associazione “Dalla parte giusta della storia”che è nata in Italia e ha visto riconosciuta la cittadinanza ai suoi genitori originari dello Sri Lanka quando era 17enne: “Io sono fortunata perché essendo nata in Italia avrei potuto comunque richiederla al compimento dei 18 anni, visto che avevo sempre vissuto qui, in un paese nelle Marche – racconta a Cablato -. In più occasioni nella mia vita mi sono sentita diversa dai miei compagni di classe, ma c’è un episodio che ancora oggi mi fa soffrire quando ci penso: sono sempre stata tra le più brave della classe e in terza media c’era la possibilità di studiare per un periodo a Londra. Purtroppo però la richiesta del visto con i miei documenti di allora era incompatibile con i tempi per la partenza. Questo mi ha fatto sentire estranea nel paese che consideravo casa mia”.



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