Srebrenica 30 anni dopo, in due documentari la memoria di un padre e il ritorno di un figlio

Srebrenica 30 anni dopo, in due documentari la memoria di un padre e il ritorno di un figlio


La Drina oggi è una madre che soffre, soffre perché durante la guerra l’abbiamo dipinta di rosso” racconta Irvin Mujcic in una sequenza del film. Il fiume celebrato dal nobel Ivo Andrić scorre a poca distanza dai villaggi intorno a Srebrenica. Nel dicembre 2014, Mujcić decide di fare ritorno in quei luoghi, dove il padre è stato ammazzato durante il genocidio senza che mai i suoi resti fossero ritrovati. Il regista Zijad Ibrahimovicbosniaco cresciuto in Svizzera, lo segue, dando vita a Il ragazzo della Drina.

La pellicola scorre tra i segni di una guerra lontana nel tempo, ma ancora tangibile: le fosse comuni trasformate in campi coltivatiil bosco silenzioso che custodisce le storie di chi ha provato a fuggire. Da duecento persone che vivevano in quei luoghi, spiega lo stesso Mujcić nel film, ne sono rimaste quattro: le altre sono morte, oppure se ne sono andate via.
Così, tra gli alberi dove ancora si nascondono le tracce di chi ha provato a scappare, si incontra uno dei tanti villaggi rasi al suolo durante la guerra. Eppure, proprio dove regna l’abbandono, inizia una visione.

Mujcić ha trovato rifugio in Italia poco dopo lo scoppio del conflitto in Bosnia. Il suo desiderio è però di tornare per costruire: progetta un villaggio di case in legno, un gesto di rinascita e un messaggio di speranza, affinché la memoria diventi spinta al cambiamento. Insieme alla sorella, La Scittrice Elvira Mujcićl’eco-villaggio sorto sulle ceneri di un massacro è nato “rilanciando la vita”, come spiega il regista durante la promozione del film. Oggi, un decennio più tardi, il villaggio Ekometa ospita cammini, residenze di scrittura e fotografia, eventi per incontrarsi e confrontarsi in un luogo che si è trasformato. Davvero.

Da Srebrenica un monito per il futuro

Attraverso le storie raccontate dai due documentari — il progetto che guarda al futuro di Irvin e le testimonianze catturate dalla videocamera di Bekir — emerge una speranza concreta, la convinzione che persino dagli abissi del male si possa costruire un futuro nuovo. Dal 27 maggio 2024, l’11 luglio è diventata Giornata internazionale di riflessione del Genocidio di Srebrenica; ogni anno, in questa data, avviene inoltre la Marcia della pace (Marš mira), che ripercorre in senso inverso la fuga delle vittime del genocidio.

Eppure commemorare non significa limitarsi a guardare al passato, una riflessione doverosa per un nome intorno al quale, ancora oggi, non si sono esaurite le tensioni. Ricordare e approfondire il genocidio di Srebrenica è un dovere non solo storico, bensì sociale; ne deriva un monito severo per la difesa della memoria, dei diritti e della dignità per tutte le generazioni, presenti e future.
E tornano le parole di Bekir Hasanovic: “Figlio mio, tu devi creare amicizie, con tutti, anche con i tuoi coetanei serbi. Perché voi non avete fatto la guerra, voi dovete costruire il futuro“.



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