Se esistiamo – se esiste l’Universo così come lo conosciamo e abitiamo – dobbiamo dire grazie a un accidente della fisica. Gli scienziati lo chiamano asimmetria materia-antimateriae può essere raccontato così: a ogni particella di materia “ordinaria” corrisponde una particella di carica oppostala cosiddetta antimateria; se materia e antimateria vengono in contatto, si annichilanocioè si distruggono a vicenda emettendo energia; tutto lascia supporre che al momento del Big Bang materia e antimateria siano state prodotte in quantità uguali; e dunque deve essere intervenuto qualcosa, a un certo punto, a sbilanciare questa simmetria e consentire la prevalenza della prima sulla seconda. Una minuscola eccedenza di materia che ha insomma permesso all’Universo di esistere. Date queste premesse, è facile comprendere perché la questione sia così importante: a oggi, la ricerca della spiegazione di questa asimmetria tra materia e antimateria rimane uno dei più grandi enigmi della fisica. Bene, un gruppo di scienziati dell’esperimento LHCBcondotto al grande acceleratore di particelle del Cern di Ginevraè appena riuscito a osservare sperimentalmente, per la prima volta al mondo, questa asimmetria: in gergo si chiama violazione di parità e di carica (Violazione della parità di caricao semplicemente Cp), ed è un effetto che era stato previsto dai modelli teorici ma finora mai osservato direttamente. La scoperta è raccontata sulle pagine della rivista Natura.
Materia e antimateria, lo specchio del cosmo
L’ipotesi dell’esistenza dell’antimateria (da non confondere con la materia oscura) deriva direttamente dalle equazioni della meccanica quantisticache regolano il comportamento delle particelle microscopiche. Fu il fisico Paul Dirac a predire per primo l’esistenza dell’antielettrone – una particella uguale in tutto e per tutto all’elettrone, salvo per la carica elettrica positiva – nel 1928, a partire dalla sua equazione relativistica, e la previsione fu confermata sperimentalmente nel 1930 grazie al lavoro del fisico statunitense Carl David Anderson. Successivamente, Dirac predisse anche l’antiprotone, scoperto poi da un gruppo di fisici di Berkeley tra cui figurava anche l’italiano Emilio Segré. Un paio di decenni dopo fu la volta di antiprotone e antineutronecui seguirono due anti-isotopi di idrogeno (antideuterio e antitrizio, rispettivamente) e infine, nel 1997, i primi atomi di anti-idrogeno. Sul fatto che l’antimateria esista, insomma, non c’è più alcun dubbio: ma comprendere perché abbia “perso” rispetto alla materia è un altro paio di maniche
Che fine ha fatto l’antimateria?
Forse, si è chiesto qualcuno, materia e antimateria sono state effettivamente create in quantità uguali ma per qualche ragione non sono venute in contatto, il che ha evitato il fenomeno di annichilazione cui accennavamo prima. Tuttavia, in questo caso, avremmo dovuto osservare da qualche parte regioni dell’Universo dominate da antimateria, i cui confini con le regioni di materia avrebbero prodotto energia sotto forma di raggi gamma a causa dell’annichilazione: tutto ciò, però, non è stato mai osservato. Dunque ci deve essere qualche altra spiegazione: per giustificare la predominanza della materia, nel 1967 il fisico Andrej Sacharov propose nel 1967 tre condizioni necessarie (le cosiddette condizioni di Sacharov per la bariogenesiossia per la creazione di barioni – i barioni sono una famiglia di particelle subatomiche), ossia la violazione del numero barionico (“Deve essere possibile creare protoni senza creare un uguale numero di antiprotoni in una singola relazione”); IL violazione delle simmetrie C (coniugazione di carica) e Cp (carica e parità) (“Deve esserci una differenza nel comportamento tra particelle e antiparticelle”ci torneremo tra un attimo); la dinamica fuori dall’equilibrio termico (“L’Universo non doveva essere in uno stato di massima entropia durante il processo che ha generato l’asimmetria”).
Il mistero della violazione Cp
Concentriamoci sulla seconda condizione di Sacharov, che è quella che ha più direttamente a che fare con la scoperta di oggi. Nel mondo della fisica delle particelle, la simmetria Cp combina due concetti, la simmetria di carica, che prevede che le leggi fisiche rimangano le stesse se si scambiano le particelle con le loro antiparticelle, e la simmetria di parità, che si riferisce a come le leggi fisiche si comportano sotto una riflessione spaziale, come in uno specchio. Ecco, se questa simmetria fosse effettivamente violata, avremmo una spiegazione per l’eccesso di materia di cui parlavamo all’inizio, e quindi per l’esistenza dell’Universo. La storia teorica e sperimentale di questa ipotesi è lunga e affascinante. Un contributo teorico fondamentale arrivò nel 1963 grazie ai lavori di Nicola Cabibbo; successivamente, fu osservata per la prima volta nel 1964 nel decadimento di mesoni K neutri, una scoperta che valse il premio Nobel per la fisica a James Cronin e Val Fitch; sulla base dei lavori di Cabibbo, i fisici giapponesi Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa proposero che la violazione potesse essere inserita nel Modello Standard, la teoria che descrive le particelle elementari e le loro interazioni, a patto che esistessero almeno sei diversi tipi di quark. Questa idea fu confermata sperimentalmente decenni dopo, con l’osservazione della violazione di simmetria Cp nei decadimenti di un tipo di quark dagli esperimenti Babar negli Stati Uniti e Belle in Giappone – e tale conferma fece sì che a Kobayashi e Maskawa fosse assegnato il Nobel per la fisica nel 2008.
Le nuove osservazioni di LHCb
Arriviamo così al lavoro appena pubblicato dalla collaborazione scientifica di LHCb (Large Hadron Collider Beauty – bellezza è un tipo di quark). Le misure arrivate dall’esperimento hanno confermato, per la prima volta, una violazione di simmetria Cp tra Barioni e Antibarionicomposti rispettivamente di Tre Quark e Tre Antiquark. Arrivare a questo risultato non è stato semplice: gli scienziati di Ginevra hanno dovuto analizzare oltre ottantamila barioni e antibarioni, scoprendo finalmente “che questi barioni decadono in specifiche particelle subatomiche (un protone, un kaone e due pioni) – ha spiegato William Barteruno degli autori del lavoro – leggermente più frequentemente (il 5% più frequentemente, per la precisione) rispetto a quanto non fanno le loro controparti di antimateria. Sebbene sia piccola, questa differenza è statisticamente abbastanza significativa da costituire la prima osservazione di una differenza nel comportamento dei barioni e degli antibarioni”. Le nuove misure sono consistenti con le previsioni teoriche contenute nel Modello Standard, che, per inciso, sono comunque ritenute ancora troppo esigue per giustificare l’enorme asimmetria materia-antimateria dell’Universo. “Ma è comunque un grande passo avanti – ancora baratto – perché abbiamo finalmente osservato direttamente delle differenze tra materia e antimateria nel gruppo di particelle che dominano la materia nota nell’Universo. È un passo fondamentale nella direzione di comprendere perché la situazione si sia evoluta in questo modo dopo il Big Bang. Con gli attuali e i futuri esperimenti di LHCb speriamo di riuscire a indagare ancora di più queste differenze e, auspicabilmente, di trovare qualche indizio di potenziali nuove particelle che ci aiutino a completare questo puzzle”.