Secondo il capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Giustizia a Palazzo Madama, Gianni Berrino “la politica, la magistratura e la società tutta devono unire le forze per proteggere la dignità delle persone e affermare il rispetto come valore imprescindibile”. E per la responsabile Pari opportunità della Lega, Laura Ravetto, “serve una risposta urgente e condivisa da parte delle istituzioni, con regolamentazioni serie, strumenti di contrasto efficaci e pene adeguate per chi alimenta queste piattaforme della vergogna“.
La sinistra spinge sulla questione culturale
La sinistra si compatta sulla questione culturale e dell’educazione. “La questione dei siti sessisti pone un problema culturale. Per questo abbiamo sempre detto che è necessario agire insieme, per la repressione della violenza di genere in ogni sua forma”, ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein secondo la quale “serve anche una politica di prevenzione agendo sull’educazione sin dalle scuole, rendendo obbligatori i corsi all’educazione, al rispetto, all’affettività e alle differenze in tutti i cicli scolastici”. E la vicepresidente del gruppo Movimento 5 stelle al Senato, Alessandra Maiorinochiede anche “divieti veri di accesso a qualunque piattaforma pornografica senza certificazione autentica di identità”.
Cosa prevede la proposta di legge sulla violenza digitale
“Ho depositato la proposta di legge contro la violenza digitale”, sottolinea la segretaria di Noi Moderati Marina Carfagna. “Fissiamo principi chiari e chi diffonde falsi per danneggiare qualcuno pagherà caro, con multe salate e persino il carcere se a farne le spese sono minori o se il contenuto è a sfondo sessuale“.
In dettaglio la proposta prevede la marcatura obbligatoria dei deepfake generati con intelligenza artificiale e obblighi in capo ai gestori delle piattaforme digitali fra cui l’identificazione degli utenti tramite Spid o Cie (carta di identità elettronica). Sarà inoltre obbligatorio prevedere sistemi di segnalazione e rimozione rapida e conservare i log (ossia gli identificativi degli accessi) per 12 mesi. E bisognerà nomina un responsabile per il monitoraggio dei contenuti.
L’Autorità garante delle comunicazioni e il Garante della privacy sono le due autorità a cui sarà affidata la vigilanza e nella proposta ci sono anche indicazioni in merito alle sanzioni: fino a 1 milione di euro e l’oscuramento delle piattaforme inadempienti, e pene da 1 a 5 anni o multa da 10mila a 100mila euro, aggravata se i contenuti generati o condivisi sono a sfondo sessuale o riguardano minori e soggetti vulnerabili. Se la marcatura dei deepfake è già prevista dal ddl AI in arrivo in Senato, l’uso di documenti di identità per autenticarsi ai servizi online rischiano di minare il valore fondamentale dell’anonimato in rete. E le indagini condotte sul gestore di Phica.eu dimostrano che, al netto di nickname e scatole cinesi, è possibile risalire ai responsabili della violenza online senza bisogno di un profilo legato a un documento di identità.
Si va avanti anche con la class action
Sono quattro le avvocate dello studio legale Bernardini de Pace che hanno deciso di assistere le vittime (o, per ora, presunte tali) del gruppo Facebook Mia moglie e del sito Phica.eu. Oltre ad Annamaria Bernardinna de Pace a Campo Daniela Caputo, Mariagrazia Persico e Violante di Falco intenzionate a intraprendere una class action. Le donne che vogliono avere informazioni o aderire all’azione collettiva possono inviare una email all’indirizzo [email protected]: “Sarà garantita la privacy, il nome delle donne che aderiranno non sarà divulgato, ma verrà coinvolto nell’azione legale di richiesta di risarcimento a Meta proprietario di Facebook e a chi è titolare del sito Phica.eu”, rende noto lo studio che invita le vittime a farsi avanti. “Chi sfrutta o consente lo sfruttamento dell’immagine altrui in modo illecito deve essere consapevole che non agisce indisturbato, ma che, prima o poi, dovrà fare i conti con la giustizia sociale, morale e giuridica”.
Cosa fare in questi casi?
Se sei vittima di violenza o hai bisogno di consigli e supporto, puoi chiamare il numero unico anti-violenza 1522: è gratis, opera 24 ore su 24, 7 giorni su 7. In alternativa, il sito ti consente di avviare una chat dedicata.
Puoi rivolgerti a uno dei centri anti-violenza dell’Associazione Di.Re. (Donne in rete contro la violenza), qui c’è l’elenco regione per regione.
Nel caso di condivisione non consensuale di immagini o video, il team di PermessoNegato può fornire supporto e risponde direttamente dal sito.