Cosa cambia per gli oceani con l’entrata in vigore del trattato sull’alto mare che aspettiamo da due decenni

Cosa cambia per gli oceani con l’entrata in vigore del trattato sull’alto mare che aspettiamo da due decenni


Ma perché ce n’era bisogno? Secondo la Convenzione Onu sul diritto del mare, gli stati hanno piena sovranità solo sulle proprie acque territoriali, entro le 12 miglia nautiche dalla costa. Tra le 12 e le 200 miglia nautiche c’è la Zona economica esclusiva (Zee) in cui solo lo stato costiero ha diritti sovrani per esempio sulla pescasull’estrazione di minerali e idrocarburi e sulla produzione di energia rinnovabile. Tutto il resto è considerato alto mare. Ciò significa che non vigono regole di tutela uniformi – se non quelle generali della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare – e quindi chiunque è libero di sfruttarne le risorse. Appena l’1% dell’alto mare era finora protetto.

Cosa cambia ora, con l’entrata in vigore dell’Trattato di alto mare

L’obiettivo numero uno del Trattato sull’alto mare è far crescere in fretta questa percentuale. I paesi potranno proporre – e mettere ai voti – le zone da designare come aree marine protette, permettendo così soltanto le attività economiche “coerenti con gli obiettivi di conservazione”. Un passaggio fondamentale per poter rispettare la promessa fatta nel 2022 alla Cop15, la conferenza delle parti sulla biodiversità di Montréal: trasformare in aree protette il 30% delle terre emerse e il 30% dei mari entro il 2030.

In più, i paesi aderenti si impegnano a condividere “in modo giusto ed equole scoperte legate allo sfruttamento delle risorse genetiche marine. L’intento è quello di permettere alle nazioni in via di sviluppo, che non hanno i mezzi per finanziare le ricerche scientifiche, di beneficiare comunque dei loro progressi, ad esempio in campo farmaceutico e alimentare.

Un altro caposaldo è l’obbligo di effettuare una valutazione di impatto ambientale prima di intraprendere attività che hanno un impatto nocivo, o ancora sconosciuto, sulla vita marina. Un tema di attualità, considerato che gli Stati Uniti di Donald Trump spalleggiano i colossi minerari intenzionati a estrarre materie prime critiche dai fondali attraverso la controversa tecnica del mining di mare profondo. Una tecnica molto controversa, anche perché intacca ambienti che per il 99,9% sono ancora inesplorati.

Di tutto questo si discuterà all’ennesima Conferenza delle parti (Cop): un’altra, che si aggiunge a quelle sul climasulla desertificazionesulla biodiversità e alle altre Cop legate a trattati specifici. Questa Cop sarà la prima dedicata all’alto mare e dovrà essere programmata entro un anno dall’entrata in vigore, probabilmente nel 2027.

La biodiversità marina è un patrimonio da proteggere

L’alto mare non appartiene a nessuno. Ciò che esiste qui è di tutti“, sottolinea Julio Cordanofunzionario cileno che ha partecipato ai negoziati. “Dev’essere governato sulla base di principi di prudenza ed equità. Questo accordo lo rende possibile”. Proprio Cordano sta lavorando per istituire un’area marina protetta nelle Dorsali di Rooms Y Gómez e Nazcadue catene montuose sottomarine nell’oceano pacifico sud-orientale che fungono da habitat per una biodiversità unica, tra cui 82 specie minacciate o in pericolo di estinzione.



Source link

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back To Top