Cosa succederebbe se Trump decidesse di staccarci l’internet? La risposta è nella sovranità digitale

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Di social media europei, invece, non c’è quasi traccia. Fa eccezione Mastodontela più nota delle piattaforme del fediversoun ecosistema open source e decentralizzato, privo di pubblicità e rispettoso della privacy. Sviluppato dal tedesco Eugen RochkoMastodon ha attratto un certo numero di utenti soprattutto in seguito all’acquisto di Twitter da parte di Elon Musk. Al momento godrebbe di circa 2,5 milioni di utenti: una frazione rispetto alle principali piattaforme social, ma abbastanza da rappresentare un’alternativa valida per chi vuole evitare potenziali invasioni di campo (a livello di policy, censura e manipolazioni dell’algoritmo) da parte delle superpotenze tecnologiche.

La faccenda è ancora più complessa per quanto riguarda le piattaforme di messaggistica. In realtà, l’unico servizio di questo tipo extra-USA e abbastanza noto è il sudcoreano KakaoTalkche da noi è pressoché inesistente (anche se presente sugli app store). In questo particolare ambito potremmo però fare uno strappo alla regola e decidere di usare Segnalela cui sede si trova negli Stati Uniti ma che a livello di protezione degli utenti, riservatezza delle comunicazioni e autonomia politica ha in più occasioni dimostrato di essere l’opzione migliore.

Mistral al posto di ChatGPT

Quale sia il campione indiscusso dell’intelligenza artificiale made in Europa è cosa ormai nota: Maestralela società francese in grado di fare concorrenza a ChatGPT e agli altri più blasonati large language model. Mistral, però, non è completamente immune dalla dipendenza statunitense: parte dei finanziamenti arriva infatti da un colosso come Microsoft, mentre per far funzionare i suoi sistemi si appoggia anche a data center di proprietà di Amazon e degli altri colossi del cloud.

Recentemente, sempre la svizzera Proton ha lanciato il suo primo large language model: Lumo. Questo sistema di intelligenza artificiale può essere utilizzato anche senza registrare un account, tutte le conversazioni vengono crittografate con il sistema “zero-access” (che impedisce anche all’azienda di leggerle) e – a differenza di quasi tutti i concorrenti – non sfrutta i dati degli utenti per addestrare i modelli. In altre parole, ciò che l’utente scrive resta confinato ai server europei di Proton, senza mai essere inoltrato a terze parti. Tutto il servizio si basa inoltre su modelli open source eseguiti direttamente nei data center europei di Protonin maniera quindi autonoma da infrastrutture statunitensi.

Quindi, è possibile fare a meno degli USA?

Con poche eccezioni, e fermo restando il nodo cruciale del cloud, fare a meno della tecnologia statunitense è possibile, anche se in molti casi richiede di utilizzare servizi di qualità inferiore rispetto ai rivali a stelle e strisce (o cinesi). Ed è forse questo l’aspetto che colpisce di più: come ha fatto una superpotenza economica come l’Unione europea (il cui prodotto interno lordo è superiore a quello della Cina) UN restare così indietro dal punto di vista tecnologicolegandosi mani e piedi a una superpotenza, gli Stati Uniti, da cui oggi dipende in maniera preoccupante?

Ripercorrere le cause che hanno portato a questa situazione sarebbe troppo lungo, la conseguenza invece è evidente: dare forma a una sovranità digitale europea è oggi incredibilmente complessosoprattutto in un settore “il vincitore prende tutto” come quello tecnologico, che premia le aziende che riescono per prime a consolidare la loro posizione.

Eppure, la sovranità digitale è l’unica strada da seguire. Non solo per conquistare un’inedita autonomia, ma anche per sviluppare un nuovo mercato interno e creare un circolo virtuoso in grado di arricchire l’economia europea. Come ha affermato il fondatore di Proton Andy Yen, “i costi di transizione di breve termine che dovremo pagare per distanziarci dalla tecnologia statunitense non vanno considerati un costo, ma un investimento per il nostro futuro.



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