Io sono Rosa Ricci poteva essere un esperimento interessante, ma è diventato un fotoromanzo per figlie di boss della camorra

Io sono Rosa Ricci poteva essere un esperimento interessante, ma è diventato un fotoromanzo per figlie di boss della camorra


A poco serve Lyda Patitucci alla regia, l’unica ragione per dare fiducia al film. Come pecore in mezzo ai lupiil suo primo film da regista dopo tanti anni come regista di seconda unità, aveva mostrato una gran mano nel raccontare storie poliziesche, ma qui può poco con una sceneggiatura in cui tutto è gridato ad alta voce e ogni volta che c’è qualcosa da comunicare allo spettatore ci si assicura che venga proprio detto, perché nessuno se lo perda, in certi casi con uno sprezzo del ridicolo impressionante: «Che fa’ co’ quella pistola? Tu si’ ’na creatur’!» dice il padre preoccupato nel vedere la sua piccola partecipare alla sparatoria accanto a lui. «T’ sta sbagliando, papà! N’n so’ più ’na creatur’!» risponde Rosa, fiera, ormai cresciuta e un po’ orgoglio del papà camorrista. Crescono così in fretta….

Non davvero simile a Mare fuori così da piacere al pubblico di riferimento e decisamente troppo melodrammatico, da sceneggiata napoletanaper fare il salto e conquistare il pubblico del vero poliziesco, Io sono Rosa Ricci sta a Gomorra come il neorealismo rosa sta al neorealismo: con quegli stessi principi, quelle idee e quella visione, fa tutt’altro. Una battuta di spirito che scimmiotta le una riga del cinema americano, da dirsi dopo aver ucciso qualcunoC’ vedimmos», detto da un napoletano per prendere in giro un colombiano), può facilmente segnare il punto di non ritorno dell’imbarazzo dello spettatore.



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