
Un nuovo rapporto da McKinsey Il Global Institute affronta una delle paure più pressanti dell’economia moderna: il radicale spostamento di posti di lavoro minacciato dall’intelligenza artificiale. Sebbene la ricerca di McKinsey indichi che le attuali tecnologie potrebbero, in teoria, automatizzare circa il 57% delle ore lavorative negli Stati Uniti, la società di consulenza conclude che questa cifra elevata misura il potenziale tecnico delle attività, non l’inevitabile perdita di posti di lavoro.
Invece della sostituzione di massa, la ricerca di Lareina Yee, Anu Madgavkar, Sven Smit, Alexis Krivkovich, Michael Chui, Maria Jesus Ramirez e Diego Castresana sostiene che il futuro del lavoro sarà definito da una partnership tra persone, agenti e robot, tutti alimentati dall’intelligenza artificiale. Il loro rapporto, “Agenti, robot e noi: partnership di competenze nell’era dell’intelligenza artificiale”, sottolinea che la cattura dell’enorme potenziale valore economico dell’intelligenza artificiale – circa 2,9 trilioni di dollari negli Stati Uniti entro il 2030 – dipende interamente dalla guida umana e dalla riprogettazione organizzativa.
La durabilità delle competenze umane
Il motivo principale per cui l’intelligenza artificiale non comporterà l’immediata esclusione di metà della forza lavoro è l’importanza duratura delle competenze umane. Sebbene verranno applicate in modo diverso, l’analisi di McKinsey mostra una significativa sovrapposizione nelle capacità richieste: oltre il 70% delle competenze ricercate dai datori di lavoro oggi sono utilizzate sia nel lavoro automatizzabile che in quello non automatizzabile. Ciò suggerisce che con l’avanzare dell’adozione, la maggior parte delle competenze rimarrà rilevante, ma come e dove verranno utilizzate si evolverà.
Ad esempio, le abilità cognitive altamente specializzate e automatizzabili, come i processi contabili di routine e i linguaggi di programmazione specifici, potrebbero subire le maggiori interruzioni. Tuttavia, anche se l’intelligenza artificiale assume compiti come la preparazione di documenti e la ricerca di base, i lavoratori saranno comunque tenuti ad applicare le loro competenze esistenti in nuovi contesti, concentrandosi invece sulla formulazione delle domande e sull’interpretazione dei risultati.
Fondamentalmente, le competenze radicate nell’intelligenza sociale ed emotiva – come la risoluzione dei conflitti interpersonali, il design thinking, la negoziazione e il coaching – rimarranno unicamente umane, richiedendo empatia, creatività e comprensione contestuale che sono difficili da replicare per le macchine. Inoltre, è probabile che le competenze legate all’assistenza e alla cura cambino di meno.
Riprogettare il lavoro, non solo automatizzare le attività
Affinché le organizzazioni possano sfruttare con successo l’intelligenza artificiale, il cambiamento deve andare oltre l’automazione di attività distinte all’interno delle strutture legacy. Il rapporto sottolinea che per realizzare i guadagni economici previsti è necessario riprogettare interi flussi di lavoro in modo che persone, agenti e robot possano lavorare insieme in modo efficace, rivedendo processi, ruoli, cultura e metriche.
Anche in ruoli con un elevato potenziale di automazione tecnica, gli esseri umani rimarranno vitali per farli lavorare in modo efficace e fare ciò che le macchine non possono fare. Le persone forniscono la supervisione essenziale, il controllo di qualità e l’indispensabile presenza umana che clienti, studenti e pazienti spesso preferiscono.
Questa trasformazione sta già determinando enormi cambiamenti nella domanda di nuove capacità. La domanda di padronanza dell’intelligenza artificiale (la capacità di utilizzare e gestire gli strumenti di intelligenza artificiale) è cresciuta di sette volte in due anni, rendendola la competenza in più rapida crescita nelle offerte di lavoro negli Stati Uniti. Questa competenza, che si concentra sulla collaborazione e sulla guida dei sistemi di intelligenza artificiale, dimostra che l’economia si sta adattando rapidamente verso nuove forme di collaborazione.
In definitiva, mentre alcune attività individuali potrebbero teoricamente essere automatizzate, i risultati in termini di occupazione dipendono dalla capacità delle organizzazioni e delle istituzioni di preparare le persone per il futuro. Se la storia è una guida, è probabile che l’occupazione si evolva anziché contrarsi.
L’era dell’intelligenza artificiale non mira a sostituire completamente la forza lavoro umana, ma piuttosto a spostare il focus dell’intelligenza umana dall’esecuzione all’orchestrazione e al giudizio. Proprio come l’invenzione della calcolatrice non ha eliminato i matematici ma li ha resi liberi di risolvere problemi di livello superiore, l’intelligenza artificiale automatizza la quotidianità, consentendo ai lavoratori umani di concentrarsi sulla complessità, sul processo decisionale e sulla cura. In definitiva, il lavoro del futuro sarà una partnership tra uomo e macchina.
“L’integrazione dell’intelligenza artificiale non sarà una semplice introduzione della tecnologia, ma una rivisitazione del lavoro stesso”, sostiene il rapporto. “Riprogettare processi, ruoli, competenze, cultura e parametri in modo che persone, agenti e robot creino più valore insieme”.
Per questa storia, Fortuna ha utilizzato l’intelligenza artificiale generativa per aiutare con una bozza iniziale. Un editore ha verificato l’accuratezza delle informazioni prima della pubblicazione.
