Se si passa alla scala dei progetti per data center e infrastrutture di calcolo, solo negli ultimi dodici mesi negli Stati Uniti sono stati annunciati il programma Stargatesovvenzionato da 500 miliardi da parte di OpenAI, Softbank e Microsoft. Quest’ultima ha messo altri 80 miliardi per suoi investimenti. Amazon ne ha pianificati 100. Google e Meta circa 75 miliardi a testa. Alcuni di questi piani riguardano la stessa Europa. Microsoft, per esempio, ha scommesso 8,6 miliardi su un nuovo centro di calcolo a Sines, in Portogallo, e altri 3,4 a Saragozza, in Spagna.
All’inizio dell’anno la Commissione europea ha battezzato il piano InvestAI per colmare il divario con i primi della classe. L’obiettivo è arrivare a mobilitare, tra investimenti pubblici e privati, fino a 200 miliardi di euro. Se von der Leyen vuole tagliare il traguardo, ha bisogno di convincere i grandi fondi a sostenere i suoi progetti. Ha già trovato una sponda nella Banca europea degli investimenti, che a sua volta ha un programma di aiuti tech che entro il 2027 vuole raggiungere i 250 miliardi mobilitati, ma ora occorre arruolare altri partner. Venti miliardi del piano andranno alle Gigafactoryi centri di supercalcolo aperti al sostegno di startup e pmi, che dovranno diventare 15 entro il 2027. Ma al tempo stesso dovranno dimostrare la loro efficacia per dare alla nuova generazione di imprese del settore la spinta per raggiungere i velocisti globali.
A caccia di talenti
All’Europa serve un cambio di passo non solo per proteggersi dalle nuove minacce esterne, ma anche per rispondere ai problemi interni. Air Street Capital osserva come “il 42% dei principali ricercatori mondiali di AI ha studiato in Europa, ma solo il 14% continua a lavorare nell’Unione europea”. I salari comunitari attraggono meno di quelli statunitensi, che nel 2023 erano da 2 a quattro volte maggiori. L’Unione fa perno sulla torsione autoritaria di Trump per accogliere ricercatori e docenti universitari in fuga dalle università statunitensi. Anche Yann LeCun, l’ex responsabile scientifico in materia di AI di Meta, ha scelto l’Europae nello specifico Parigi, per insediare Ami, la sua nuova startup che si occuperà di tecnologie non generative.
A un evento nella capitale francese LeCun ha riconosciuto che in Europa “c’è molto talento che forse non riesce a esprimere tutto il suo potenziale, e dove è essenziale fornire l’ambiente giusto perché ciò avvenga”. A maggio la Commissione ha annunciato un piano da 500 milioni per attirare ricercatori in Europa nei prossimi tre anni. Secondo Air Street “di fronte agli investimenti astronomici in AI nel resto del mondo è improbabile che ciò sia sufficiente per aumentare la quota regionale di talenti”.
Le sfide del futuro
Insomma, per l’Europa rimettersi in carreggiata non sarà scontato. Perché non basta solo tagliare le norme. Dipende da come lo si fa. Se per l’AI act il risultato sarà più facile da raggiungere, il negoziato sulla revisione del Gdpr si preannuncia una battaglia più aspra. Poi c’è il capitolo investimenti. Infine, c’è un nuovo elemento di potenziale scontro tra Europa e Stati Uniti. Ed è l’euro digitale, la versione virtuale della moneta unica che la Banca centrale europea punta a emettere nel 2029. Uno degli obiettivi è sganciarsi dai grandi circuiti di pagamento statunitensi, che gestiscono il 65% delle transazioni elettroniche nel Vecchio continente. Quanto tempo passerà prima che Trump lo sfrutti per sparare l’ennesimo cannonata contro la Ue?
