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Roula Khalaf, editrice di FT, seleziona le sue storie preferite in questa newsletter settimanale.
L’executive Ever-Reach è un tema in questi giorni. Gli investitori in titoli statunitensi-attualmente alle prese con l’assalto on-off del presidente Donald Trump sull’indipendenza della Federal Reserve-possono garantire il suo impatto.
L’ultimo a unirsi alla folla incollata è il primo ministro italiano Giorgia Meloni, che ha invocato le regole del “potere d’oro” – di solito impiegate per bloccare le acquisizioni esteri di società strategiche – per zoppicare l’offerta di € 14 miliardi di € di unicredit per il BPM rivale più piccolo. L’offerta, che dovrebbe essere estesa agli azionisti di BPM dal 28 aprile, è ora nel limbo Come Unicredit cerca di chiarire le condizioni che il governo ha imposto.
Le preoccupazioni geopolitiche qui non sono facili da capire. Nonostante abbia uffici in tutto il mondo e azionisti internazionali, Unicredit è un gruppo con sede a Milan. L’Italia vuole la completa cessazione delle sue attività in Russia entro nove mesi. Vuole inoltre garantire che i registri rimangano aperti per le aziende e i clienti italiani, cercando una promessa che Unicredit non ridurrà BPM o il proprio rapporto prestito per depositare per cinque anni.
Infine, Anima, il responsabile patrimoniale di BPM di BPM non può vendere i suoi titoli italiani. A meno che i clienti di Anima non siano entusiasti tori in Italia, dovrebbero presumibilmente essere preparati a zoppicarlo.
Il fatto che tale bludgeoning non sia esattamente utile per i mercati dei capitali italiani è, presumibilmente, chiaro per Meloni. Quindi il vero obiettivo del Primo Ministro è l’argomento di molte speculazioni. Andrea Orcel, il capo acquisitivo di Unicredit, ha sconvolto i piani del governo per sbattere BPM insieme al Monte Dei Paschi di Siena della Banca toscana per creare un terzo grande gruppo bancario. Ma, con i parlamentari che perseguono la nuova medibanca di cava, quell’opzione non è più disponibile. Se non finisca per fondersi con Unicredit, BPM rimarrebbe un prestatore di sottoscala con un Maggiore azionista francese in Crédit Agricole.
Un’altra idea è che Meloni potrebbe cercare di accumulare pressioni su Unicredit per aiutare gli investitori locali sostenuti dal governo a ottenere il controllo dell’assicuratore Generali, al centro di A battaglia tra gli azionisti. Il modo in cui la banca vota la sua partecipazione del 5 % presso il Generali AGM di giovedì fornirà indizi se cercherà di combattere o tirerà a tirarle il primo anteriore.
Disgraduola in quanto tutto ciò è per i sostenitori dei mercati liberi, è probabile che le sue ripercussioni siano relativamente contenute. Per prima cosa, l’influenza del governo nei settori strategici non è quasi inaudita, sebbene di solito sia esercitata attraverso una combinazione di sorrisi, aggrottamenti e sopracciglia alzate. E mentre una maggiore incertezza dovrebbe, per diritti, aumentare il costo del capitale per le imprese italiane, tutto è relativo. L’ammodoso di Meloni è, sfortunatamente, in linea con i tempi.