Quando nel 2008 Apple inaugurò l’App Storela formula proposta era chiara e vantaggiosa: gli sviluppatori potevano vendere le proprie app direttamente agli utenti iPhonetrattenendo il 70% dei ricavi. Un modello sostenibile, che ha reso possibile la nascita dell’economia delle app come la conosciamo oggi. Molte aziende come, anche le più importanti, devono gran parte della loro crescita al marketplace di Apple, diventando col tempo giganti da miliardi di dollari e capaci di costruire interi ecosistemi autonomi.
Nel frattempo anche il modello di ricavo dell’App Store è cambiato: i download a pagamento rappresentano oggi una minima parte delle entrate, mentre circa il 99% del fatturato proviene dagli acquisti in-app, in larga parte legati ai giochi. Apple semplifica l’intero processo: gestione dei pagamenti, assistenza clienti, interfaccia unica per abbonamenti e acquisti digitali. In cambio, applica una commissione del 30% agli sviluppatori che superano il milione di dollari l’anno e del 15% agli altri.
UNA PRESSIONE CRESCENTE
Con un giro d’affari da circa 100 miliardi di dollari, di cui 20 miliardi solo per Apple, le dinamiche di potere sono però cambiate. Molti sviluppatori e autorità regolatorie ritengono che la percentuale trattenuta da Cupertino sia ormai anacronistica e ingiustificata, specie alla luce della diffusione globale dell’iPhone e dell’emergere di piattaforme concorrenti.