In un’estate di grandi eventi da selfie e sfide all’ultimo recordc’è l’’Italia parallela delle feste e sagre di paeseche – da nord a sud, dalle Alpi alle isole – vengono organizzate (quasi) ogni sera per strada e nelle piazze illuminate a giorno, per celebrare qualsiasi occasione degna di un piatto tipico o di una tombolata: dal santo patrono alla cozza pelosa, dal ritorno dell’emigrato alla frisella più grande del mondo fino alla benedizione dei trattori.
Non serve una app per prenotare il tavolo. Non esistono token. Non ci sono “coperti” o QR code per consultare il menù (non ancora almeno, e per fortuna!). Il posto bisogna conquistarselo macinando chilometri tra lunghe panche di legno poste all’aperto o sotto ai tendoni, per andarsi a sedere poi di fianco ad amici, conoscenti e/o anche perfetti sconosciuti, con cui scambiare qualche chiacchiera e sorrisi, tra un piatto di casoncelli o di pane cunzato, una ruota della fortuna e un’orchestra presa in prestito dal programma Cantando ballando di Canale Italia.
L’insegna sbiadita “Pesca di beneficenza” è la stessa da anni, così come la tombolata delle 22, che tutti aspettano con una frenesia da jackpot, anche se il primo premio è un prosciutto (ma può essere anche una friggitrice ad aria e una macchina, come il 17 agosto a Piazza Brembana, in provincia di Bergamo). Nessuno si chiede se la musica sia indie o trap: a farla da padrone è il liscio, e la contemporaneità massima a cui si può aspirare sono le cover band degli Abba e degli 883.
Le feste estive della provincia italiana, un film cristallizzato nel tempo
Eppure, sono più vive che mai e piacciono anche ai giovani – e ai bambini, ma solo se ci sono i gonfiabili – perché offrono una socialità radicalmente diversa da quella di internet e dei social media: una dimensione lenta, corale, imperfetta. Probabilmente non adatta a Instagram e che non fa «community», ma che è profondamente comunitaria.
Eppure, c’è stato un tempo in cui anche le grandi città offrivano i loro momenti di socialismo – pardon: aggregazione – reale: prima che l’estate urbana venisse colonizzata dallo cibo di strada e dai festival gourmetc’erano le Feste dell’Unità, baluardi di politica popolare in cui volontari col grembiule rosso raccontavano la Resistenza mentre grigliavano le salamelle. E dove il concetto di uguaglianza si misurava in coda per un bicchiere di vino rosso.