Anche l’Associazione nazionale importatori e produttori di elettronica civile (Andec) non ci sta e contesta “alla radice” ciò che ritiene “E dinosauro normativo“visto che ormai “nessuno“ – ha messo nero su bianco l’associazione che aderisce a Confcommercio – salva audio e video sui propri computer data la diffusione delle piattaforme di streaming.
La richiesta al ministero è quindi “di porre fine” alla tassazione e “considerare diverse modalità di finanziamento di autori ed editori”. Lo schema di decreto ministeriale 2025 che tante polemiche ha scatenato, scrive Andec, “si pone in realtà l’unico scopo di reiterare una misura anacronistica ideata al fine di preservare ed alimentare un gettito evidentemente molto interessante”, senza considerare “che questa discutibile finalità viene perseguita gravando con pesanti oneri economici prodotti che nulla hanno a che fare con la produzione di copie di opere protette dal diritto d’autore, sulla base di una presunzione d’uso”.
Confindustria, invece, promuove l’azione del governo
La tassa, come censito da un sondaggio di Anitec-Assinform a Synallagma, generebbe 150 milioni di euro l’anno che vengono gestiti dalla Siae che remunera i suoi iscritti e trattiene 10 milioni di euro per il servizio. Le imprese culturali non vogliono rinunciare a queste risorse e condividono il disegno del ministero della Cultura. “Ne auspichiamo l’approvazione”ha chiarito Luigi Abete, presidente di Confindustria Cultura Italia.
“L’adeguamento dei compensi è finalizzato a sostenere la cultura di questo Paese e i lavoratori del settore: remunerare equamente chi crea e produce cultura significa garantire il presupposto essenziale di libertà e competitività per l’intera industria culturale italiana. Come succede ovunque in Europa”, ha sostenuto il numero uno degli industriali della cultura.
Rispetto all’analisi comparativa dei compensi applicati in Italia e in altri Paesi europei, ha poi chiosato Abete, “emerge chiaramente che qui il compenso per copia privata pro capite ha un valore più basso (2,3 euro) rispetto alla media europea (2,5 euro), con la Francia a 4,1 euro e la Germania a 2,9 euro. Non solo: l’incidenza dei compensi sul mercato più rilevante, quello degli apparecchi, qui è inferiore rispetto alla media degli altri Paesi europei (0,9% vs 1,3%)“.